Giovanni Falcone
Giovanni Falcone nasce il 18 maggio 1939 a Palermo.
Nel 1961 si laurea in Giurisprudenza, tre anni dopo diventa pretore di Lentini, successivamente sostituto procuratore a Trapani e, nel 1978, procuratore a Palermo.
Qui avvia una stretta collaborazione con i magistrati Rocco Chinnici e Paolo Borsellino.
Dopo l’assassinio di Chinnici, nel 1983, entra a far parte di una struttura che rivoluzionerà la lotta alla criminalità organizzata: il Pool Antimafia, diretto da Antonino Caponnetto. Grazie alla collaborazione di alcuni pentiti, come Tommaso Buscetta, riesce a ottenere informazioni importantissime sull’organizzazione di Cosa Nostra, prima di allora sconosciute.
Per permettere ai giudici del pool di continuare in sicurezza quel lavoro enorme e fondamentale che porterà al “Maxi-processo” Falcone e i membri del pool con le loro famiglie vengono trasferiti, in totale segretezza, presso il carcere dell’Asinara. Il Maxi-processo, avviato a Palermo alla fine degli anni Ottanta, è stato il processo penale più grande contro la criminalità organizzata mafiosa mai tenuto al mondo, per l’occasione è stata anche costruita appositamente un’aula (la cosiddetta aula bunker). Costato sei anni di lavoro ha certamente inferto un duro colpo alla mafia: il processo di primo grado si conclude infatti con pesanti condanne (19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione. Condanne quasi tutte confermate dalla Cassazione).
Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone viene ucciso a Capaci. La Fiat Croma su cui viaggiava viene fatta saltare in aria con mezza tonnellata di tritolo, all’altezza dello svincolo di Capaci: un detonatore azionato dal mafioso Giovanni Brusca dalla collina che sovrasta l’autostrada fa esplodere l’esplosivo piazzato sotto l’asfalto. Trasportato in ospedale morirà poco più di un’ora dopo assieme a sua moglie Francesca Morvillo e alla sua scorta, costituita dagli agenti Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonino Montinaro.
La cosiddetta “strage di Capaci” suscita in tutta Italia un’ondata di sdegno. La mafia, con l’uccisione di Falcone, ha mostrato il suo volto più violento e plateale. Il suo collega e amico Paolo Borsellino continua alacremente la lotta alla mafia fino alla sua morte avvenuta circa due mesi dopo.
Ad un giornalista Falcone durante un’intervista così rispose:
“Ma chi glielo fa fare?” “Soltanto lo spirito di servizio”
“Ha mai avuto la tentazione di abbandonare questa lotta?” “No, mai”.
Giovanni Falcone è stato un grandissimo magistrato, un uomo di Stato e resta il simbolo dell’Italia che lotta e vince le mafie.
A cura della classe 3E